L’università verso il credito sociale
di MASSIMO D’ACO e PIETRO CATTANA (LIBERI UNIVERSITARI PAVIA)
Milano, lunedì mattina, ore 9.00. La città alienata si reca a lavoro e gli studenti in università. Alcuni studiano i classici tra mura antiche, altri fanno esperimenti in laboratorio e poi ci siamo noi, amici dei ragazzi della Panopticocca. Il freddo mattutino è reso pungente dalla mistura di smog e nebbia che penetra nelle ossa e nel cervello, fino a paralizzarlo. Un solo pensiero tiene viva la speranza: un caffè caldo, al fianco di un amico. Siamo ignari di ciò che stiamo per vedere…
Un’imponente struttura, con grate bianche che fuoriescono dalle mura quasi a voler ghermire i passanti, mura rosse che ricordano i più tristi edifici sovietici e…dalla coltre di nebbia e smog emergono solo puntini rossi. Sono gli infiniti occhi meccanici che l’università ha installato per sorvegliare studenti e docenti. Come le stelle brillano nel cielo terso di un’isola, così alla Panopticocca le spie delle telecamere tappezzano il paesaggio del quartiere. Tra un puntino e l’altro emergono dalla nebbia corpi di studenti che passano, come tutto passa, e tornano nella nebbia, per non emergere più.
Arriviamo al Blocco 16, sede del dipartimento di Massima Sicurezza (MaxSec, in Newspeak). Nel cortile, i temibili prof no pass tengono lezione a un pugno di studenti no pass,puntualmente sorvegliati dalla digos. Accanto a noi, una fila di matricole infreddolite, con mascherina fino alla fronte, si perde nella nebbia dall’ingresso del Blocco 17. Le vediamo dirigersi come robot tremuli al dipartimento di Scienze della Deformazione. Distanti tra loro e impauriti, tengono in mano il cellulare, pronti ad esibire il pass. Nessuna loro mossa cade inosservata: 6 telecamere, disposte lungo i 7 metri dell’ingresso, puntano in tutte le direzioni, pure il cielo. Un altoparlante intima di indossare la mascherina e tenere gli altri a distanza.
La coda di studenti avanza derelitta dalla nebbia al chiarore delle telecamere: ci incontreremo dove non c’è oscurità, diceva O’Brien a Winston in 1984. Dalla nebbia alle telecamere, dalle telecamere alla guardia armata: prima di superare il tornello, gli studenti-galeotti marciano al cospetto delle guardie armate. Vestite di nero e dallo sguardo torvo, sembrano spettri senz’anima. Scrutano nei cuori degli studenti e vessano le matricole più deboli – Manzoni aveva ragione. Il quadro a tinte fosche è completato da 6 agenti in borghese che profilano i ragazzi che rivendicano i loro diritti, segnalandoli alla questura.
Qual’è la natura di questo luogo spettrale? Vi si coltivano menti libere o si forgiano automi? Le pistole delle guardie a che servono? Che fine fanno i filmati delle telecamere, installate perfino nell’angolo del piscio? Quale cervello si cela dietro tutto questo?
È il Grande Fratello bellezza! È lui che spia con maniaca ossessione i movimenti degli studenti e dei docenti della Panopticocca. Qui la politica è: per ogni studente una telecamera, per ogni docente un agente della digos. A ben vedere, però, ci sono più telecamere che studenti, più agenti della digos che docenti.
Camminando verso il Blocco 16 notiamo un muro senza finestre e senza porte, ma con 4 telecamere. C’era un surplus di tecnologia da smaltire? Forse l’università teme che i suoi studenti le rubino i mattoni o che doc Ock faccia irruzione aprendosi una breccia nel muro, evitando il controllo del panoptipass. Ecco svelato l’imperativo della Panopticocca: per ogni studente un agente della digos, per ogni mattone una telecamera.
La logica di questa iper-sorveglianza è vederci chiaro. Il punto è che la Panopticocca non contiene pericolosi criminali, ma studenti e docenti. C’è quindi una simmetria col Panopticon benthamiano (il celebre carcere) dal punto di vista della trasparenza: non certo la trasparenza dei processi di vertice, ma quella della vita alla “base”. È il singolo studente ad essere trasparente per il potere: non può avere segreti. Come nel carcere benthamiano il prigioniero non può sapere se, quando e da chi venga osservato (e quindi potenzialmente punito), così alla Panopticocca la matricola non sa chi la osservi e la profili nella stanza dei bottoni.
Questo controllo totale mira a eliminare la spontaneità della vita inserendola in una struttura potenzialmente punitiva e, ovviamente, a impedire sul nascere ogni forma di disallineamento dalla politica di turno. Il bacio furtivo dato in barba alle norme anti-vita, lo sbuffo di insoddisfazione del docente costretto a sorvegliare gli studenti manco fossero ricercati, il bidello che getta il mozzicone a terra, sono gesti dal futuro incerto. Ci spieghiamo: le telecamere onnipresenti sono come truppe schierate in attesa di ordini. Il giorno in cui verranno collegate (se non lo sono già) ad un sistema di riconoscimento biometrico basato sui “big data” e collegato alle nostre identità digitali, potranno dispiegare il loro pieno potenziale. Quando l’Italia adotterà un sistema di credito sociale analogo a quello cinese, la Panopticocca sarà pronta a sorvegliare e punire quotidianamente.
In questo sistema il controllo gioca un ruolo chiave. I gesti di disobbedienza (o più semplicemente di distrazione e spontaneità) sono còlti dalle telecamere e prontamente puniti, dai più seri fino al bacio e alla stretta di mano (in violazione delle anti-umane norme anti-covid). Quelle telecamere che ora servono (in linea teorica) solo per accertare eventuali reati, verranno dispiegate contro la popolazione per il minimo sgarro al più assurdo decreto del momento. Indossi la felpa non biodegradabile? Alla lavagna delle punizioni a scrivere, come Bart Simpson, non lo farò più.
Per chi ancora non lo sapesse, un numero crescente di città cinesi sta adottando questo modello di sudditanza a punti basato sulla ipersorveglianza tecnologica e la centralizzazione dei dati e dei poteri. In poche parole, i comportamenti ritenuti virtuosi sono premiati con benefici, quelli ritenuti sbagliati sono puniti. Nulla di nuovo sotto il sole, così funziona la legge da sempre, si potrebbe notare. Vero, ma sono i modi e i contenuti ad essere inquietanti. I modi sono totalitari perché qualunque comportamento è sorvegliato ed oggetto di premi e punizioni in termini di accesso o sbarramento ai servizi. Cammini fuori dalle strisce pedonali? Ti arriva una multa perché la telecamera ti ha sorpreso. Cammini fuori dalle strisce oggi, domani, dopodomani? Ti congelano il conto in banca. Gli esempi si potrebbero moltiplicare all’infinito. Usi un detersivo economico? Non ti parte la smartlavastoviglie. Acquisti un manuale nuovo e non usato? Non puoi sostenere l’esame al primo appello. Hai una moglie in carne ed ossa e non una moglie robot? Non hai il bonus non-bebè.
Questi sono i benefici che i sudditi traggono da un leviatano ipertecnologico con occhi dappertutto: altroché democrazia…
L’identità digitale, che ci viene venduta come la massima comodità (fare tutto dal divano senza alzare un dito), si capovolge in impossibilità. Il mondo a portata di clic può aprirsi ma anche chiudersi all’istante, perché ogni gesto è minuziosamente – e maniacamente – sorvegliato. Non è difficile immaginare un appartamento ipertecnologico, per accedere al quale serva un token digitale, che lasci fuori il legittimo proprietario perché ha detto una parola fuori posto ad una conferenza. L’intervento scomodo è stato captato dagli algoritmi che hanno identificato il responsabile e prontamente segnato sul libro mastro digitale il reato. Una volta ridotti i sudditi a profili digitali e connessi ad internet tutti i servizi (pensiamo alle riforme della PA), il singolo è disattivabile con un clic.
Per tornare in Italia, in linea con questa logica, la direttrice della Panopticocca ha tentato, più recentemente, di interdire l’insegnamento di Dostoevskij. Il docente che voleva tenere quel corso è finito nel mirino delle telecamere, che lo hanno seguito perfino al cesso, mentre lo spirito di Dostoevskij è stato scrutato da speciali telecamere agli infrarossi. Negli antri più reconditi del suo spirito sono stati scovati pericolosi versi filo-russi e il suo nome è stato segnalato alla questura. La risposta di questa è stata glaciale: “che vi siete fumati? Non possiamo pedinare, arrestare o mettere a processo una persona defunta”.
Inutile dire che questo migliaio di telecamere e gli annessi sistemi di cablaggio e stoccaggio dei dati non siano roba da poco, economicamente parlando. La Panopticocca segue quindi il modus operandi dello stato italiano, che investe i soldi dei contribuenti non a loro favore ma contro di essi. Lo stato spende miliardi in armamenti che il popolo non vuole e non ha scelto, la Panopticocca riveste le sue mura di telecamere che gli studenti pagano per essere minuziosamente sorvegliati e, come dicevamo, prima o poi puniti.
La Panopticocca non è un accidente storico o un errore di percorso, ma il presente a tinte fosche dell’università e più in generale della società. È un modello per ogni università che tenda alla prigione e per ogni rettore aspirante carceriere. L’università di Pavia, seguendo le sue orme, ha installato nuove telecamere all’ingresso, cinesi per giunta (Hikvision, coi noti problemi di falle di sicurezza e backdoor che conducono direttamente agli appartamenti di Xi). Per dirla con parole nostre, Unipv si sta panopticocchizzando. La stessa applicazione ancora in uso per le videolezioni, Zoom, è di proprietà cinese. Quindi, mentre i politici di “alto profilo” si preoccupano dell’utilizzo diffuso, anche nelle nostre istituzioni, di software antivirus di proprietà russa, le nostre università si tappezzano, come se nulla fosse, di telecamere cinesi. È per la sicurezza, si può rilevare. Certo, ma il paradigma securitario, spinto all’estremo, paralizza la vita, oltre a poterla punire in qualunque istante per il più futile motivo. E non è una questione da poco: ogni moralità e ogni sistema giuridico sono fondati su una demarcazione di base tra ciò che è rilevante (moralmente o giuridicamente) e ciò che è indifferente. Quando ciò che tradizionalmente viene considerato irrilevante viene incluso nel rilevante per motivi discutibili e diviene oggetto di premi e sanzioni, la vita tende a diventare impossibile e le persone iniziano a vedere la legge o come irrazionale, o come palesemente ingiusta.
Un altro tema scottante che la sorveglianza apre è l’abolizione della sfera privata. Una delle conseguenze è che non vi sia più un momento della vita privo di interferenza esterna. Il pubblico, ora in forma palese ora in forma spettralmente silente, ascolta, vede e registra tutto ciò che fai, e potenzialmente ti punisce o ti premia. Se Sartre aveva ragione a dire che l’enfer, c’est les Autres, possiamo dire che il mondo attuale marci a pieno ritmo verso l’inferno e non il paradiso.
Per concludere tornando al principio, segnaliamo che all’inizio del nuovo anno accademico la Panopticocca si prepara a condurre nuove battaglie, allineandosi all’agenta liberticida e pauperistica propugnata dall'”élite” globale: a partire dalle ore 21 (per ora) la corrente verrà staccata e, con essa, il riscaldamento. Viene da chiedersi se verranno spente anche le infinite telecamere, o quantomeno quelle inutili all’angolo del piscio.
Piena solidarietà agli studenti-forzati della Panopticocca.
I loro amici pavesi
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