Heartland e Rimland, un monito per l’Europa?

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di MARCO ALESSANDRO UNICI

Nel 1904 uscì, sulle pagine del The Geographical Journal, uno scritto del geografo inglese Halford Mackinder dal titolo “The Geographical Pivot of History” (“Il perno geografico della storia”). Il saggio era stato già presentato alla Royal Geographical Society  e si mostrava come uno studio rivoluzionario degli assetti geopolitici mondiali. 
Il suo contenuto è riassumibile nella seguente frase, ormai famosa nell’ambiente accademico: “Chi controlla l’Est Europa comanda l’Heartland : chi controlla l’Heartland comanda l’Isola-Mondo: chi controlla l’Isola-Mondo comanda il mondo”. Nel suo saggio, Mackinder inserisce un concetto fondamentale, il concetto di Heartland, cioè il perno del mondo, che l’autore colloca in una vasta area che parte dalla Siberia a nord fino ad arrivare alle montagne dell’Himalaya a sud, e dal fiume Volga ad ovest fino alle sponde del Fiume Azzurro a est. Questa è l’area centrale da cui, secondo Mackinder, è possibile controllare l’intera Isola-Mondo, l’Eufrasia e, di conseguenza, il mondo intero. 
Negli anni ‘30 questo concetto di Heartland  viene ripreso dal geografo statunitense Nicholas John Spykman, il quale, pur concordando sulla teoria di Mackinder in generale, concentra la sua attenzione sulla fascia attorno all’Heartland, che chiama Rimland: questa è, per Spykman, il vero perno del mondo. 
I due studiosi, pur vivendo in epoche differenti e avendo interessi differenti (Mackinder si rivolgeva al Regno Unito, Spykman agli USA), avevano un punto particolare sul quale le loro tesi convergevano: il timore dell’unione tra l’Heartland (sostanzialmente l’impero zarista prima e l’URSS poi) e la sua fascia marginale europea (rappresentata specialmente dalla Germania e soggetto principale dell’intero Rimland di Spykman). Da un lato, Mackinder si preoccupava che lo sviluppo industriale dei paesi dell’Europa continentale, in particolar modo appunto l’allora Impero Tedesco, potesse unirsi alle enormi risorse della Russia, formando così una seria minaccia per chi, come il Regno Unito, basava la sua potenza sul mare. Dall’altro, Spykman era impensierito dal fatto che questa unione tra Heartland e Rimland desse la piena autosufficienza all’Isola-Mondo, tagliando fuori la sua nazione, gli Stati Uniti, che vedeva il Rimland come una zona cuscinetto tra loro stessi e la Russia (zona di dialogo con quest’ultima nella situazione in cui si fosse trovata sotto controllo statunitense).

Mappa delle zone dell’Heartland e del Rimland
Macedonian Academy of Sciences and Arts, CC BY-SA 4.0

L’Europa (ancora) tra due poli

Come possiamo osservare oggi, i due geografi non erano affatto lontani dalla realtà, anzi possiamo dire che, nel contesto odierno condizionato dalla guerra in Ucraina, la situazione è pressoché la medesima. Per sua natura infatti, come ben osservava Spykman, l’Europa ha la capacità di proiettarsi sia sul mare sia sulla terra, intercettando e dialogando con le altre potenze. 
Dalle tesi dei due geografi però, emerge che le potenze di mare (Regno Unito e USA) agiscono perlopiù in contrasto con i paesi europei, in quanto volti ad arginare l’Heartland, che altrimenti otterrebbe il controllo sulle aree chiave del mondo. L’esempio del gas russo, in tal senso, può essere molto esplicativo: gli Stati Uniti da sempre osteggiano il metanodotto Nord Stream 2 (che guardacaso unisce direttamente Germania e Russia), tanto che sono riusciti a non farlo mai entrare in funzione. Non solo, ma dopo l’inizio dell’operazione speciale russa in Ucraina, gli USA hanno trovato la chiave per giustificare l’interruzione dell’approvvigionamento europeo al gas russo (e per aumentare le esportazioni di gas naturale liquefatto americano). 
Secondo Spykman, inoltre, gli Stati Uniti sono tenuti a mantenere un controllo sul continente europeo per impedire l’emergere di una potenza egemonica locale, che andrebbe a intaccare il loro ruolo centrale, rischiando di tagliarli fuori dal Rimland: per questo la Germania e la Francia, paesi “in cerca di sovranità”, per definire con un’espressione la loro tendenza a smarcarsi dalle direttive americane, sono osservati speciali. 
Sarebbe dunque di interesse strategico per l’Europa considerare un riavvicinamento con la Russia, non fosse altro perché la sfera d’influenza americana sta arrecando evidenti danni sociali ed economici al Vecchio Continente: e certamente occorrerà un risposta unitaria, poiché non sono solamente la Germania o la Francia a trovarsi in difficoltà per le decisioni imposte da Washington, bensì l’Europa intera. Dopo il “risveglio” della Russia, insomma, il Rimland europeo si trova prepotentemente re-immerso nella Storia e al centro delle dispute internazionali tra due poli, l’Heartland e l’anglosfera.

L’altro lato del Rimland: Cina e India 

Nel corso dei decenni, la fascia asiatica del Rimland ha assunto sempre più rilevanza. La Cina e l’India sono paesi che hanno conosciuto un forte sviluppo e si sono imposte sulla scena mondiale con il ruolo di vere e proprie potenze regionali (arrivando a minacciare l’egemonia statunitense nel caso della Cina). Questo fattore di crescita, unitamente al riavvicinamento tra Russia e Cina, hanno indotto i geopolitologi ad allargare la zona dell’Heartland di Mackinder in direzione sud-est: qui infatti, si concentrano grandi giacimenti di gas e petrolio, nelle zone dell’odierno Kazakistan e della regione autonoma dello Xinjiang. La saldatura economica tra il Rimland asiatico e l’Heartland, conosciuta con l’acronimo di “BRICS”, mostra ancora una volta come l’Isola-Mondo abbia le potenzialità non solo di rendersi autosufficiente, ma anche, di conseguenza, di controllare il resto del mondo, sostituendosi alla talassocrazia anglo-americana.
Tuttavia per completare il processo di distacco da quest’ultima, l’Isola-Mondo avrebbe bisogno dei paesi europei, che ad oggi sono soggiogati dai rapporti di forza stabilitisi nel secondo dopoguerra. L’attuale guerra in Ucraina è però un momento spartiacque: se l’Asia ha già indirizzato i suoi interessi verso il blocco continentale, cioè l’Isola-Mondo, l’Europa deve ancora scegliere il suo destino.

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