di MARCO ALESSANDRO UNICI

Il mondo virtuale è, sostanzialmente, brutto. Il mondo virtuale prosciuga le energie di coloro che dovrebbero esserne pieni. Il mondo virtuale allontana ed estrania dalla dimensione reale. Eccetera, eccetera, eccetera: questi sono i leitmotiv dei più anziani che guardano con disapprovazione la generazione Z immersa nel mare del web. Eppure loro non sono da meno quando si tratta di dare il “buongiornissimo” su Facebook, o gli auguri di Pasqua con le immagini a 240p con le uova, o ancora di condividere un evento condito ormai dalle stesse parole (amore/ pace/ libertà). Ma si sono mai chiesti perché la GenZ è così avvolta nelle grinfie dei social? E noi, giovani, ce lo siamo mai chiesti?

Assolutamente no. Da un lato ci si limita a mostrare un banale disappunto, dall’altro il problema non si pone nemmeno oppure lo si individua e lo si estirpa alla radice con un “non usiamo più la tecnologia”. Ora, è chiaro che la tecnologia, nel mondo idilliaco dove all’uomo è offerta la meraviglia del creato secondo la volontà del Creatore, è l’alienazione, il male. Tuttavia qui non si parla della ruota del carro o dell’aratro trainato dai buoi; qui ci si riferisce a una tecnologia specifica, ovvero alla tecnologia digitale. È importante specificarlo, poiché si tratta, a tutti gli effetti, di un nuovo mondo, costruito da uomini per gli uomini, senza cicli o calamità naturali da temere.
Ma forse non è solo per questo che l’uomo moderno si rifugia del digitale. C’è una motivazione di fondo che giustifica la frequentazione di questo ambiente piuttosto che di un altro, creato ugualmente ad hoc per il proprio benessere: il mondo di oggi, come detto, è brutto. Si può amare il proprio percorso di studi, si può essere contenti di uscire con degli amici, ci si può rilassare immersi nella natura di un parco, ma tutt’intorno i nostri occhi percepiscono la tremenda opacità del mondo; non siamo all’inferno, dove tutto è osceno e terrificante, siamo nel limbo dove le azioni si susseguono ripetitive e il grigio degli innumerevoli standard annebbia la vista.

Accade quindi un singolare fatto: questa realtà è talmente soffocante e stantìa che anche le piccole bolle che creiamo all’interno di essa sembrano scoppiare. Gli amici finisce che sono sempre gli stessi. Nel parco non cresce mai qualche albero o pianta nuova. L’università è una sequela di andirivieni per assistere a lezioni ora noiose, ora interessanti, ora inutili, ora comiche. E l’unica dimensione in cui anche la noia sembra divertirci è sempre più il digitale, perché, banalmente, lì si può trovare di tutto. Quali sono le tue passioni? La storia? La botanica? La moda? C’è tutto, basta cercare e arriva, tutto e subito. È bene evidenziarlo ancora una volta: arriva tutto e subito. È per questo che il confronto non regge; tra un mondo grigio, pedante e asfissiante e un mondo ricco di opportunità senza impegno, qual è meglio?

Il motivo dunque è molto più semplice di quanto sembri. Inoltre, in questo mondo che ci guarda in maniera arcigna, noi giovani non abbiamo spazio. Oltre a essere vuoto e spento, respinge continuamente ogni sogno giovanile, sia rendendo inespressive le anime, sia falciando gli spiriti coraggiosi che tentano di superare gli ostacoli: così da un lato ci ingabbiano in un eterno paese dei balocchi, confinando la nostra vita in un edonismo fine a sé stesso. Dall’altro ci logorano con regole folli, dal lavoro alla scuola. Non ci si deve stupire allora che la vita di queste nuove generazioni venga trasferita nel mondo virtuale, dove certamente si hanno più possibilità che nel mondo reale.

Ma attenzione, il virtuale è una pillola più facile da mandare giù, ma è pur sempre un anestetico, che chiude in un angolo chi ne fa uso. Questa non è una giustificazione, non deve esserlo, è una mera spiegazione del fenomeno, che cerca di andare oltre l’incomprensione degli adulti e cerca di immedesimare il lettore nei panni di un giovane. Volendo andare ancora più in là rispetto a quanto scritto, si dovrebbe esortare tutta la GenZ a riprendersi la realtà, a plasmarla come si plasma il proprio orticello digitale. La forza propria della giovane età è solamente anestetizzata: il grande compito che la aspetta, se vorrà tornare a incidere nella dimensione del reale, è un nuovo approccio a quest’ultima tramite soluzioni estetiche.

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