di MARCO ALESSANDRO UNICI
Gli attivisti di Ultima Generazione, movimento nato in Germania l’anno scorso, sono i protagonisti delle rimostranze-scandalo odierne all’interno dei musei: costoro non fanno altro che entrare (abbigliati magari con una maglietta apposita), versare su un quadro rinomato un qualche tipo di liquido e incollarsi alla parete dov’è appeso quel quadro per dare il rimbrotto etico sul cambiamento climatico. Nessuno sa come si concluda, o meglio, dai video non è dato sapere. Al di là delle considerazioni che si potrebbero fare, ovvero chiedersi chi li faccia entrare o chi sia deputato a fermarli e non lo fa durante la loro “azione”, bisogna riconoscere che hanno fatto centro: se volevano attirare l’attenzione, insomma, ci sono riusciti. Complice un apparato mediatico, per così dire, compiacente, hanno ottenuto il completo monopolio sul tema ambientalista/ecologista.
Ora però è tempo di smettere di dare attenzioni a loro per concentrarci su noi stessi. Esattamente, oltre a indignarci, cosa stiamo facendo riguardo a questi fatti? Come affrontiamo il tema? Se siamo diversi da loro, e loro già sappiamo chi sono, noi chi siamo? La seconda e la terza domanda dovrebbero essere oggetto di confronto, in quanto le risposte possono essere le più varie e tutte arricchirebbero, a modo loro, la formazione di una “identità”. La prima, invece, ha già una risposta, ed è “assolutamente nulla”: oltre all’indignazione e alle varie maledizioni lanciate contro queste teste vuote, non stiamo facendo nulla. E la ragione sta nel semplice fatto che viviamo di cultura museale, una sorta di venerazione totale per la conservazione fine a sé stessa. I musei, le biblioteche, le pinacoteche, sono irrigidite in una dimensione virtuale, che le colloca fuori dal sentire comune, relegandole alla comprensione di un stretta cerchia di esperti plurititolati. Non esistono più artisti che creino opere seguendo quelle tradizioni esposte nei musei, e se ci sono, risultano invisibili loro malgrado. Al di fuori di chi, come noi, ha davvero quella vicinanza alle forme estetiche espresse dai grandi maestri, troviamo da un lato persone che visitano quei luoghi per “darsi un tono”, per sfoggiare una cultura che non hanno, dall’altro schiere di ebeti new age che vomitano orrori in continuazione pretendendo di rivoluzionare l’arte. E dunque l’arte viene svalutata e passa quasi come “hobby”, nel mentre che noi ci ritiriamo nelle nostre solitarie torri d’avorio.
Il punto da cogliere però è molto più sottile di quanto si creda: infatti non si tratta di distruggere tutto ciò che c’è in balìa di uno sfrenato nuovismo, si tratta di attingere dalla tradizione con un rinnovato slancio creativo. Questo intento è spesso male interpretato e può dare luogo alla demonizzazione di tutte quelle forme “assolute” che i grandi del passato hanno modellato durante la nostra storia artistica.
Per quanto riguarda, invece, la questione ambientale, andando oltre le idee personali, i punti da cui partire devono essere due: primariamente occorre assimilare (come ha fatto il nemico) questa battaglia tra le nostre battaglie e, in secondo luogo, spurgare il tema da tutti gli attributi tossici con i quali il nemico l’ha reso proprio. Con l’assimilazione, infatti, toglieremmo il monopolio a chi lo detiene oggigiorno e cominceremmo a sviluppare un dibattito serrato che porterebbe alla nostra visione sull’ambientalismo. Con l’eliminazione degli elementi tossici saremmo ulteriormente in grado di tracciare una linea di demarcazione tra ciò che riteniamo errato (cioè la loro visione) e ciò che invece proponiamo. Si tratta sempre di un’azione proattiva, volta a riguadagnare terreno in un primo momento, per poi arrivare ad avere quella famosa egemonia culturale di cui si va parlando spesso.
Insomma, non c’è da meravigliarsi se le patetiche rimostranze degli attivisti ricevono continuamente plausi e attenzioni: loro (e con “loro” intendo tutto il circolo mainstream) vogliono stravolgere completamente il mondo, a noi il mondo, tutto sommato, va bene così. D’altronde, anche con la questione che ci ha coinvolti tutti, quella del green pass, si è verificata la stessa dinamica; noi eravamo per un ritorno al periodo pre-pandemico, non ci importava poi tanto delle trasformazioni sociali che la pandemia stessa portava. Per cui noi ci ritroviamo ad affrontare un nemico che ha delle basi culturali solidissime e una visione del mondo chiara senza avere, per parte nostra, altrettanta chiarezza sulla direzione da prendere. E, finché saremo paladini della polvere (senza riscoprire quello che si nasconde sotto), non faremo altro che perdere.